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"E quando si sveglia è in un mare che non ha mai visto.
Mari ialino quarzu pavimentu de diamante ametista che il sole lumizza e ingioia.
E in quello sfavillare arriva rasu de onda il pesce spada il puddiceddu lo spateddu, e sulla punta della spada come a bompressu la sardina umile la picciocchedda palassiola la saracca la saraghina il cicinello
Odisseo, dice, vedi il mare come è trasparente ora in esso poi vedere la più piccola cosa, come piccola cosa sono io, poiché di piccole cose sommerse in fondo ai cuori tuoi è fatta la tua vita, guarda laggiù in fondo al mare e capirai.

E Odisseo Sinbad vide suo padre Laerte Alì su saviu che gli insegnava a usare la nassa.
E su madre canterina che schioccava lenzuoli al sole
E il fratello morto in guerra non sua.
E una donna che amò e a cui non lo disse.
E quattro dita di vino in un bicchiere insoledado.
E una barca piccola su cui imparò a remare.
E una sera di vento in cui si sentì solo come nessuno.
E il coltello con cui ferì un amico.
E un mare nero di sangue di capodoglio, in cui un amico morì
E suo figlio con una spada di legno, contro un aereo mostro in cielo.
E Penelope mano d’aurora che riparava reti con ago lento.
E il giorno vicino e lontano che salutò la sposa e il rumore dei remi nel porto tranquillo e la sua casa a riva che rimpiccioliva.
E tutte le parole ascoltate e dette e dimenticate, tutte in quel mare annegate.

E la voce della sardina picciocchedda saraghina cresce e gonfia, ed è voce di vento forte è la voce del pisci mannu che esce dall’acqua spaccando onde, alto come dieci alberi di nave uno sull’altro e dice:
Capisci Sinbad? Tutto è nel mare ciò che sei stato, e qui devi tornare."